"Non so perché, ho una grand'ansia di sbrigarmi" scriveva Luigi Pirandello al figlio, prigioniero a Mauthausen, in una delle lettere della corrispondenza che forma la più gran parte di questo libro. Era l'agosto del 1916.
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Sei mesi prima, assistendo a una recita di Angelo Musco, aveva scoperto che il teatro, più che le novelle e i romanzi, poteva diventare adesso forma perfetta della sua fantasia. Stefano era stato il figlio a lui più vicino. Fin da quand'era bambino Luigi aveva preso il suo primogenito a confidente delle proprie pene nel rapporto con la moglie Antonietta, la cui malattia mentale s'aggravava. Questo rapporto di straordinaria intimità è testimoniato da un carteggio che durerà decenni e metterà più di un segno nella vita e nell'arte di entrambi.