Nel 1819, Keats ha ventiquattro anni (poco gli resta ancora da vivere): in quell'anno il suo percorso subisce una serie di ricapitolazioni, variazioni, avanzamenti e arretramenti. Ecco allora nascere opere come The Eve of St.
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Agnes, Lamia e Otho the Great, tentativo di cimentarsi con il teatro, che risentono (formalmente) di un debito con la tradizione; ma anche opere come la ballata La Belle Dame sans Merci e le sei grandi Odi, a cominciare da quella A Psiche, in cui il poeta si misura invece con atti di pensiero e ritmi ben più originari. È qui che il suo pensiero si fa davvero poesia, sforzandosi di liberare la lingua letteraria dai suoi ceppi artificiosi: questo non significa che i testi non rinviino a un genere, (l'ode appunto), ma che il genere è già piegato ai modi di una espressione più sciolta ed essenziale. Perché ciò che il poeta cerca è il ritmo originario (naturale) della lingua inglese. Il volume riunisce per la prima volta l'intero corpus delle Odi keatsiane (Ode a Psiche, Ode a un usignolo, Ode su un'urna greca, Ode alla malinconia, Ode all'indolenza, Ode all'autunno, proposte in una nuova traduzione (con testo originale a fronte) e accompagnate da un saggio di Roberto Cresti.