"Ne abbiamo abbastanza di avere ragione. Vogliamo vincere".
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C'è tutto il mondo di Arundhati Roy e tutta la sua "radicale incapacità di deferenza" in queste pagine: ci sono i temi della sua militanza in difesa dei diritti civili, la polemica contro la politica militare di Bush e l'asservimento al potere dei media occidentali, le riflessioni sul terrorismo e sui rapporti tra Oriente e Occidente. Ma oltre che del suo impegno civile, nelle lunghe conversazioni qui raccolte la narratrice indiana parla anche di sé, della sua vicenda umana e famigliare segnata dall'assenza della figura paterna, e poi degli studi, dei viaggi, del successo mondiale dei suoi libri. Ne esce così il fulmineo autoritratto di una protagonista della letteratura contemporanea che non vuole considerarsi "la portavoce di quelli che non contano", ma che ha la sfacciataggine/sfrontatezza di affermare, con la limpida passionalità invisa al cinismo dei vincenti, "starò sempre dalla parte dei perdenti, per partito preso. Sono fatta così. Non starò mai dall'altra parte".