A suggerire il percorso, la condizione, la poetica nell'opera di Gianfranco Ferroni, viene riunita una sequenza di testi: dalla dichiarazione, dal frammento testimoniale, all'incontro, al dialogo nello studio. Gli scritti degli artisti, proprio per un legame intimo al dato sensibile della pittura, della nota di diario, si presentano per lo più in modi inimitabili.
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Ciò che commuove nella scrittura di Ferroni è, lungo gli anni, con una punta di paradosso, il tendere al silenzio della parola: un ritrarsi, un restringersi sacrificale in una percezione rispetto ai linguaggi. In un confine, da silenzio a silenzio (come la bellissima luce bianca che invade alcune sue acqueforti), l'opera di Ferroni è intuizione, espressione di temi della contemporaneità: il vuoto, l'abbandono, la malinconia, la memoria come "tempo sospeso", come tempo del tempo. Ecco perché le parole toccanti che ritornano in Ferroni, nella dismisura del silenzio, sono un sentimento di "attesa", "rivelazione". Ecco perché il gesto primo e ultimo della pittura è l'autoritratto, un autoritratto come un disguido destinale: senza simbolo, senza metafora, senza cielo.