Questa raccolta di testimonianze, documenti e storie non ha nulla di prevedibile. Un autore italiano si addentra per la prima volta nel labirinto di complicità familiari, condizionamenti sociali e vita di clan che da anni ha condotto centinaia di uomini, donne e ragazzi palestinesi a diventare shahid - ovvero martiri - e a scegliere un attentato suicida come mezzo di lotta politica contro Israele.
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Il libro è basato sulle cronache e sulle inchieste condotte da più parti in Israele e nel mondo, come pure su decine di documenti originali di rivendicazione che le organizzazioni estremistiche diffondono in rete e nella propaganda. Molti interrogativi attraversano la ricerca: se centinaia, migliaia di persone si dichiarano disposte a immolarsi, stiamo assistendo al suicidio di un popolo? Cosa dobbiamo aspettarci in Italia, visto che anche da noi serpeggia il fenomeno degli estremisti islamici "fai da te"? Fino a che punto il terrorismo palestinese è un fenomeno locale, o piuttosto uno dei tanti tentacoli di una jihad globale? E soprattutto: c'è qualcosa che possiamo fare, tramite il dialogo e la politica, per porre fine all'odio?