Straniero è una parola molto presente nella vita civile. Eppure, per piacere o per forza, le persone si sono sempre spostate da un capo all'altro del pianeta, incontrandosi e mescolandosi, e isolare contorni "puri" - nazionali, geografici, etnici - si è rivelata sempre una sospetta quanto vana attività. Vale la pena dunque interrogarsi sulla storia di un aggettivo così ambizioso.
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Ovidio esule e straniero dà l'occasione a Maurizio Bettini di analizzare i temi dell'accoglienza e dell'esilio; e di considerare il nodo della lingua, madre dell'identità e matrice, per contro, della diffidenza per l'altro. Virgilio, Ennio, Plauto sono solo alcuni dei compagni di viaggio di queste osservazioni. Il saggio di Alessandro Barbero muove invece dal "francese" Garibaldi, e passando per Boccaccio, Tasso o Manzoni, illumina l'area di significati che l'idea di straniero ha occupato nella cultura e nella storia italiana, rivelandosi quasi indispensabile alla costruzione della stessa identità nazionale.