La raffinata delicatezza di una scrittrice degli anni trenta rivive in Mirador. Irene Nemirovsky mia madre, un ritratto bellissimo di Elisabeth Gill. Attraverso le parole e la voce della figlia, spezzata dal dolore o esaltata dalla sublime volontà di raccontare la grandezza materna, Irene rivive in queste pagine.
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In una sorta di specchio letterario figlia e madre sono l’una nell’altra, e il loro rapporto tormentato, molto vissuto è il legame del racconto di una scrittrice scoperta in Italia solo da pochi anni. Autrice di capolavori come Suite francese o Il signore delle anime, la Nemirovsky ripercorre la sua esistenza: i primi anni in una Russia innevata, solitaria, ricca però di matrici e innovazioni letterarie, dove le sue prime ispirazioni traggono linfa vitale. La Rivoluzione d’Ottobre scombina però tutte le carte e Irene è costretta così a lasciare l’amata San Pietroburgo per approdare in Francia. Nella capitale francese, tra i suoi caffè e le sue vie, circondata da poeti ed artisti, la scrittrice trova il territorio fertile per iniziare a scrivere, influenzata dai geni che frequentava e da quella sorta di aura magica che rendeva, ancor più speciale di oggi, la Parigi degli anni trenta. Nel 1929 con la scrittura di David Golden, adattato poi sia per il teatro che per il cinema, Irene Nemirovsky si lancia nei salotti letterari e ne diventa un fulcro, aiutata dal suo editore di allora Bernard Grasset. Questo momento favorevole fa passare in secondo piano i primi, e ancora lontani, echi della guerra, ma Irene è ebrea e presto si renderà conto cosa questo significhi persino nella splendente Parigi. Nel 1942 la grande scrittrice viene prima rinchiusa in un campo di lavoro e poi ad Auschwitz. A nulla valsero i tentativi di salvarla del marito perché un mese dopo Irene morì di tifo dietro ad un filo spinato e la stessa sorte toccherà al consorte qualche mese dopo. Mirador descrive tutto questo: una vita intensa, fin troppo breve, ma piena, trascorsa tra gli affetti, gli scrittori e i libri. Ad attraversare il racconto è lo sguardo innamorato, sebbene disincantato di una figlia, Elisabeth Gill, che insieme alla sorella ha conservato numerosi documenti della madre per riconsegnarli alla storia. E’ soprattutto però la maternità, vissuta da Irene con numerose dolcezze e contrasti, a restituirci la donna oltre che la scrittrice.