Rimasto isolato per più di due secoli, nel 1854 il Giappone iniziò a instaurare rapporti diplomatici e commerciali con gli Stati Uniti, la Russia, l’Inghilterra e la Francia, oltre ai Paesi Bassi con cui già in precedenza avevano avuto scambi privilegiati.
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Dopo l’Esposizione universale di Parigi del 1867 la passione per l’arte giapponese, il cosiddetto Japonisme, travolse molti artisti, divenendo una vera e propria moda culturale. Il periodo di maggior diffusione di questa tendenza coincise appieno con le varie declinazioni del Liberty. Nella Francia fin de siècle l’influsso dell’arte giapponese, sia a livello formale che contenutistico, coinvolse i più svariati settori artistici, dalla pittura alla grafica, dalla ceramica all’architettura, lasciando il segno in artisti come Eduard Manet, Claude Monet, Edgard Degas, e Vincent van Gogh. L’effetto esercitato dalle stampe giapponesi su Whistler – che abbigliava spesso le sue modelle con kimono, paraventi e ventagli giapponesi ripresi dalla sua preziosa collezione – e sugli impressionisti e sui postimpressionisti fu accompagnato dal controcanto dei più autorevoli critici e letterati, da Marcel Proust a Edmond de Goncourt, il quale arrivò ad affermare “tutto l’impressionismo è dovuto alla contemplazione e all’imitazione delle stampe luminose del Giappone”. Il volume offre una rassegna dell’impatto del Giappone sulle arti figurative europee, dalla Francia all’Inghilterra, dall’impero austro-ungarico alla Germania e fino alla Boemia e alla Moravia, in un arco temporale che va dal 1860 al 1915, attraverso un vasto repertorio di opere – dipinti, sculture, ceramiche, manifesti e incisioni – realizzati sotto la diretta influenza di grandi artisti come Katsushika Hokusai, Utagawa Hiroshige e Kitagawa Utamaro. Saggi di: Manuel Carrera, Marco Fagioli, Giovanni Fanelli, Mario Finazzi, Jean- David Jumeau-Lafond, Maria Paola Maino, Rossella Menegazzo, Francesco Parisi, Marc-Olivier Ranson Bitker, Anna Villari.