Tra gli ultimi anni Sessanta e i primi Ottanta del Novecento, non sono rari gli scrittori italiani che hanno dato voce a un profetismo nero di indole apocalittica: Pasolini, la Morante, Satta, Volponi, Cassola, Morselli e Virgili. Le loro opere rispondono a strategie molteplici, che collaborano al tratteggio di un tempo ultimo, catastrofico. Si tratta di " opere in larga misura precorritrici.
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Il malessere che pervade il ceto umanistico nazionale sta per trasmettersi a settori non esigui di opinione pubblica, vuoi in senso laico e antiprogressista, vuoi nei termini di un'eterodossia religiosa votata al disprezzo
del creato. E la modernità di massa - entrata ormai nella sua fase matura - a motivare tanta desolazione » prospettica: l'accesso delle moltitudini alla ribalta della storia, il supposto livellamento dei costumi, lo strapotere delle merci e della tecnica. Ciò che Pischedda descrive e valuta con occhio fermo sono pagine estreme, quasi sempre inclini a un buio sentire neoromantico.