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√ “Una donna fantastica è, film di Sebastian Lelio (Cile- Germania, 2017) vincitore, nello stesso anno di uscita nelle sale, dell’Orso d’oro per la migliore sceneggiatura. E si comprende perché. Un film sui danni che arreca il pensare male del benpensante ad individui che ne sono le vittime e agli stessi attori sociali che ne seguono il copione. La persona transgender è la vittima di questo copione, una persona che deve camminare verso il futuro lottando contro una tempesta di spazzatura che la vuole travolgere, un dispositivo regolatorio che asseconda un etica del controllo sociale fondata sulla discriminazione secondo una regola totalitaria di cui anche le democrazie dall’araldica più rinomata risultano fieramente smerdate. A Santiago del Cile Orlando, imprenditore tessile e Marina, lavoratrice in un ristorante e soprano dalla voce armoniosa, sia nel locale che a teatro, si amano e sono una copia di fatto. Lui e lei hanno una differenza di circa 25 anni. Lei, transgender, vive con Orlando e la sera del loro anniversario, per via di un ictus, Orlando muore e cade dalle scale di casa. Marina lo porta all'ospedale e avvisa il fratello. Marina viene invitata, vieppiù minacciosamente dalla ex moglie – che vuole tenere la figlia ormai quasi diciottenne distante da ogni riflessione sulla memoria del padre - a tenersi lontana dalle esequie, nonostante Marina ne abbia diritto, e dalla sua famiglia perché, appunto Marina è una vergogna rispetto alla binarietà, perchè di genere, ma che per la ex moglie e gli altri significa perchè è una "trans", un finocchio, una perversione chimerica, un incubo, ecc. ecc. non una persona come chiunque altro. Non è finita: perchè ci si mette anche la deriva securitaria del buoncostume: la commissaria di polizia coarta con abuso di potere Marina per verificare se a una cosa tanto abnorme quanto amare una persona transgender, sia la perversione a cui Marina costringeva Orlando a restare con lei. Questo è un film fantastico per la condizione estetica di Marina, di una regia e di una sceneggiatura perfette e per condurre a tema lo spettatore sulla tragedia che comporta il silenziato ed il rimosso, anzi, il denegato, come colpa collettiva della società quando essi diventano schifosi e vili esercizi di stile di cui andare fieri ed orgogliosi (il film sarebbe piaciuto anche ad Eschilo). La grettezza della cultura benpensante della doppia morale cattolica emerge in tutta la sua potenzialità espressiva. Siamo a Santiago del Cile, non in un paesazzo di tamarri di campagna ma in una società prospera ed industrializzata. Eppure incontriamo selvaggi scolarizzati. Infatti riscontriamo 'in corpore vili' (quello di Marina) gli effetti silenti dell’educazione di una cultura che forgi ad esistenze fondate sulla prepotenza, secondo leggi del clan primitivo e la sua fitta jungla di proverbialità da tramandare conservandole. Esempi: “I panni sporchi si lavano in famiglia” sono le differenze di genere che mettono in crisi il regolamento patriarcale con i privilegi che sono consentiti alle donne che alle regole di quel potere si sottomettono. “Si fa ma non si dice” è il leif motiv che riempie di scheletri gli armadi della vergogna del conservatore ignorante (ma ormai basta essersi arricchiti e avere una posizione sociale per dettare legge) si ostina a non vedere la realtà insegnando la menzogna rassicurante alle generazioni che allevano cattolicamente (non certo evangelicamente) a mentire, per esempio negando la esemplarità di un civismo e di una etica, tanto da esemplare di Marina che dovrebbe essere, anzichè offesa ed ingiuriata, promossa dall'Assessore alla cultura del Comune di Santiago a testimonianza nelle scuole. Come cresceranno i nipoti di Orlando se ai suoi figli si insegnerà, invece, da parte della famiglia della ex moglie , la perversione dell’inciviltà e la malattia del razzismo omofobo come la regola da apprendere?