Il cinema di David Lynch affascina e insieme sconcerta lo spettatore. Procedendo lungo un percorso che si snoda fra le forme, le figure, i suoni dei film del geniale regista americano ci si trova quasi sempre ad affrontare un enigma impossibile da risolvere.
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Le immagini, i personaggi, i corpi, la materia stessa dei suoi film, da The Elephant Man a Velluto blu, da Strade perdute a Mulholland Drive determinano uno smarrimento e un'inquietudine che nascono da uno sguardo (e da un "sentire") profondamente pittorico. Lynch si rivela infatti come pittore e in fondo non ha mai smesso di essere tal le. La volontà di Lynch di indagare le possibilità del cinema in tutte le sue forme nasce infatti dalla pittura e dai suoi problemi, dalle domande che il pittorico pone a chi guarda e che il cinema rilancia con forza. In questo senso, tutta l'attività di Lynch (dalla pittura al cinema, dalla fotografia al fumetto, dalla pubblicità al videoclip, dall'animazione a internet) può essere vista come parte di un'indagine complessa e stratificata la cui posta in gioco è la possibilità stessa del cinema di essere uno straordinario strumento di penetrazione della realtà, proprio là dove essa si fa più sfuggente e più enigmatica.
Da questa premessa si sviluppa questo testo, che vuole essere un percorso attraverso le forme lynchiane, i corpi, i soggetti, i mondi, le stanze e le strade, il tutto condotto in un dialogo costante con le forme pittoriche che appartengono all'arte di Cézanne e di Bacon, di Holbein e di Hopper, di Klee e di Duchamp, fino a scoprire il cinema come grande dispositivo, macchina del sentire.
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